L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica caratterizzata da infiammazione e distruzione delle articolazioni e dell’osso. A volte può portare segni e sintomi di coinvolgimento sistemico e può essere associata ad una evidenza sierologica di flogosi e di autoimmunità.
È possibile definire l’artrite reumatoide (RA) anche come una malattia autoimmune sistemica caratterizzata da infiammazione cronica della sinovia (sinovite), con cellule infiammatorie / immunitarie e sinoviociti fibroblastici residenti (FLS) che agiscono come attori principali nella patogenesi di questa malattia.
L’eziopatogenesi non è completamente chiarita, ma attualmente l’ipotesi che gode di maggiori consensi prevede che la malattia si sviluppi quando, in un individuo geneticamente predisposto, agisce un antigene scatenante (ancora sconosciuto). Tale incontro determinerebbe un’attivazione del sistema immunitario che, attraverso una complessa serie di eventi coinvolgente sia l’immunità umorale sia quella cellulare, porterebbe allo sviluppo di un processo infiammatorio acuto e successivamente al suo auto-mantenimento e alla cronicizzazione. La conseguente risposta infiammatoria pone rischi considerevoli in quanto la perdita di ossa e cartilagine progredisce distruggendo la superficie articolare, causando danni articolari e morte prematura se non trattata.
A livello cellulare, i primi cambiamenti includono l’infiltrazione delle cellule infiammatorie, l’iperplasia sinoviale e la stimolazione dell’angiogenesi nel sito di lesione. Diversi fattori angiogenici promuovono questa malattia, rendendo il ruolo della terapia anti-angiogenica un punto focale del trattamento della RA.
Studi recenti in merito alle possibili strategie terapeutiche riportano che le MSC trovate nei tessuti articolari possono differenziarsi per riparare il tessuto danneggiato. Allo stesso tempo questa funzione di riparazione può essere repressa dall’ambiente infiammatorio.
Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti dall’Istituto di Medicina Rigenerativa Integrata e dal dipartimento di Reumatologia e dell’Immunologia, il campo elettromagnetico pulsato a frequenza estremamente bassa (PEMF), come quello rilasciato dal dispositivo Papimi per la terapia Enerpulse, risulta avere un effetto antinfiammatorio che porta ad una differenziazione più rapida delle cellule mesenchimali.
Inoltre, mediante il suo campo ad onda bifasica il campo elettromagnetico pulsato (PEMF) è in grado di aumentare l’attività funzionale delle MSC per migliorare la differenziazione dei condrociti e degli osteociti, accelerando la differenziazione cellulare, aumentando la deposizione di collagene e, potenzialmente, restituendo la disfunzione vascolare all’omeostasi.
Dai recenti studi è emerso che una terapia come la terapia Papimi- Enerpulse, risulta uno strumento nuovo e molto promettente per trattare l’infiammazione cronica e l’immunità aberrante che esiste in malattie come l’ artrite reumatoide. In questo caso specifico può essere utilizzato per ridurre l’attività infiammatoria e riportare l’intero organismo in una condizione di omeostasi. In particolare, le proprietà elettriche cellulari come la carica superficiale della membrana e il potenziale di membrana possono essere influenzate dalle PEMF andando ad agire sulla comunicazione diretta cellula -cellula, modificando quelli che sono i fenomeni bioelettrici prodotti dalle cellule.
Il campo elettromagnetico pulsato (PEMF) è in grado di modificare la concentrazione di calcio intracellulare (Ca2 +) ripristinando in questo modo, i livelli e l’attività dei canali di potassio (K +) e il normale flusso di ioni Ca2 +.
Il dispositivo Papimi per la terapia Enerpulse è uno dei metodi più innovativi, rapidi ed efficaci che vengono utilizzati per la riduzione delle citochine infiammatorie e la rigenerazione dei tessuti, ottenendo un ottimo risultato nel trattamento di tutte le patologie osteo-articolari.
Fonte: Pubmed