Lo stress ossidativo, ad oggi, è considerato uno dei più importanti fenomeni spontanei responsabili dell’invecchiamento. Nelle cellule, fin dalla loro nascita, si instaura un equilibrio tra ossidanti e antiossidanti che col passare del tempo può sbilanciarsi. Fattori genetici ed ambientali possono causare infatti, l’incremento della formazione delle specie ossidanti a scapito di quelle antiossidanti, non sempre in grado di sopperire al danno ossidativo diretto verso le macromolecole e i tessuti. I cambiamenti cutanei che si verificano sarebbero il risultato dell’accumulo negli anni di danni prodotti dal metabolismo ossidativo. Questo, infatti, genera delle specie altamente ossigeno-reattive chiamate ROS (radicali liberi)che attaccano i costituenti cellulari – come membrana, enzimi e DNA – danneggiandoli.
La pelle è senza dubbio il tessuto più esposto al danno ossidativo, sia per la grande quantità di ossigeno che riceve dai vasi e che scambia con l’ambiente esterno, sia perché è la prima barriera che incontrano le radiazioni ultraviolette e le sostanze inquinanti. A questo livello, le molecole di ossigeno eccitate possono trasformarsi in radicali liberi e in altre specie reattive dell’ossigeno (ROS), provocando tossicità cellulare per interazione con proteine, lipidi e DNA.
La funzione protettiva sulla cute è esercitata da molecole scavenger di radicali, come tocoferoli, ascorbati, carotenoidi, polifenoli e altri. L’uso di sistemi a rilascio, studiati sulla base della struttura chimica di ogni molecola antiossidante, ne ottimizzano l’attività, l’azione sinergica e limitano il rischio tossicologico. Allo stesso tempo il sistema immunitario ha una forte difesa antiossidante, ma con l’avanzamento dell’età diminuisce di efficacia (immunosenescenza), sia nei confronti delle minacce esterne (batteri, virus), sia nei confronti delle minacce interne (mutazioni a livello cellulare, che rappresentano la base per lo sviluppo di patologie neoplastiche).
Nel corso degli ultimi anni sono stati messi a punto differenti tecniche per ridurre l’invecchiamento cutaneo, per incorporare composti sia lipofili sia idrofili e per agevolare la loro distribuzione cellulare.
Una di queste è la terapia Papimi-Enerpulse che, come descritto in un recente studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports, grazie al rilascio di onde elettromagnetiche pulsate è in grado di ridurre i livelli di ROS mediante upregulation di enzimi antiossidanti. L’esposizione a PEMF potrebbe rappresentare un’interessante aggiunta alla terapia convenzionale a supporto della formazione ossea in condizioni di stress ossidativo. In conclusione questa terapia è in grado di prolungare la durata d’azione comportandosi come piccole riserve cutanee a rilascio dilazionato nel tempo.
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