Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte nel mondo e in Italia. Secondo le stime del Ministero della Salute, ben il 35.8% dei decessi registrati (32,5% nei maschi e 38,8% nelle femmine) sono da collegarsi a patologie cardiache come ad esempio l’angina pectoris, l’infarto del miocardio, lo scompenso cardiocircolatorio, l’ictus cerebrale, l’insufficienza renale, la malattia vascolare periferica e le malattie coronariche.
Per malattia coronaria si intende quel gruppo di patologie in cui le coronarie presentano un restringimento del calibro (stenosi). Distinguiamo tra coronaropatie congenite, molto rare e individuate durante l’infanzia, e coronaropatie acquisite su base aterosclerotica, le più comuni, o non aterosclerotica.
Le coronaropatie acquisite su base aterosclerotica sono causate da accumulo di colesterolo che porta ad un’importante quadro infiammatorio, che a sua volta, porta alla formazione della placca aterosclerotica.
Cosa sappiamo di nuovo sul cuore
La PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) è una disciplina che mette in interconnessione la psicologia e biologia e che permette di vedere il filo invisibile che lega la psiche, il sistema nervoso, endocrino e immunitario. Grazie alla PNEI, stanno emergendo nuove visioni di concetti biologici assodati, come per esempio il ruolo del muscolo cardiaco.
Recenti scoperte hanno messo in luce un ruolo nuovo del cuore. Già alla fine degli anni ’70 erano stati individuati nei cardiomiociti, le cellule cardiache, dei granuli simili a quelli presenti e caratterizzati delle cellule endocrine, che presentavano un potente effetto diuretico e natriuretico, cioè favorisce l’eliminazione del sodio con le urine. Solo con ulteriori studi è stato identificato il Peptide Natriuretico Atriale come contenuto nei granuli dei cardiomiociti e che i suoi livelli aumentano in seguito di una distensione atriale. In seguito, sono state trovate anche popolazioni di macrofagi, cellule dendritiche, mastociti e un piccola percentuale di cellule T e cellule B residenti. Queste cellule fanno parte del sistema immunitario, e la loro particolare localizzazione fa emergere un ulteriore ruolo del muscolo cardiaco come “organo del sistema immunitario“.
Alla luce di queste scoperte, il cuore non poteva più essere considerato solo una macchina che pompa il sangue nel corpo, in quanto il tessuto miocardico è composto da più popolazioni cellulari eterogenee in grado di rilasciare ormoni e citochine, chiamate cardiochine, le cui potenzialità sono ancora sotto la lente di ingrandimento. Al momento è noto che in risposta ad un infarto acuto del miocardio, che genera un danno al tessuto creando un’area ischemica (dove non arriva ossigeno) e un’importante risposta infiammatoria, vengono prodotte proprio le cardiochine, il cui ruolo potrebbe essere di mediare la guarigione dell’area ischemica e permettere il riacquisto della sua funzionalità, completa o parziale, attraverso eventi di riparazione/remodeling del tessuto ed eventi angiogenetici/fibrotici.
Quali sono i fattori di rischio?
I principali fattori di rischio sono sia non modificabili come età, sesso e familiarità che fattori modificabili, legati stili di vita poco sani (fumo, consumo di alcol, scorretta alimentazione, sedentarietà) e possono comportare l’insorgenza di altre patologie come il diabete, l’obesità, l’ipercolesterolemia e l’ipertensione arteriosa.
Anche lo stress sta prepotentemente entrando nel gruppo dei fattori di rischio da tenere in considerazione. Infatti, molti fattori psicosociali sono considerati stressori cronici, e sono stati correlati all’infarto acuto del miocardio grazie allo studio internazionale INTERHEART.
Tra i fattori psicosociali ritenuti causa di patologie cardiache dai ricercatori ci sono: lavorare costantemente sotto pressione, scarso supporto sociale, isolamento sociale e solitudine, discriminazione subita durante infanzia ed adolescenza, che si manifestano nell’adulto come particolari pattern epigenetici di alcuni geni coinvolti nella risposta allo stress e nelle funzioni immunitarie, infiammatorie e del metabolismo.
Molti studi osservazionali sono stati condotti per valutare la predisposizione a malattie cardiache in individui soggetti a disordini mentali severi, come la schizofrenia, il disordine bipolare e la depressione. Quando si soffre di questi disturbi aumenta la probabilità di sviluppare una disfunzione cardiaca.
La depressione, in particolare, è stato individuato come “fattore di rischio primario indipendente in pazienti con sindrome coronarica acuta” in quanto si associa ad una prognosi peggiore dell’infarto acuto del miocardio e ad un’incidenza maggiore di malattie coronariche in questi soggetti.
Al contrario emozioni e pensieri positivi, la coesione sociale, sono fattori che sembrano aumentare la protezione e la resilienza verso le patologie cardiache.
La PNEI e l’asse neuro-cardiaco
Gli stress quindi possono disregolare la risposta endocrina e la risposta nervosa autonoma. L’asse neuro-cardiaco spiega il legame tra il cuore, il cervello e i più importanti sistemi del corpo fornendo una nuova visione delle patologie cardiache la quale si basa su la PNEI.
L’asse neuro-cardiaco è una fitta rete di circuiti neuronali locali, afferenti ed efferenti che coordinano il lavoro meccanico ed elettrico del muscolo cardiaco in risposta agli stimoli, mantenendo la corretta omeostasi nel caso in cui gli stimoli siano fisiologi, ma reagendo anche a stimoli stressori. Lo stress ha effetti negativi sul sistema cardiaco autonomo, come dimostrato dall’aumento di cortisolo e catecolammine nel siero, e ciò comporta l’aumento del rischio di sviluppare ipo- o iper-aritmie in quanto porta ad uno sbilanciamento del funzionamento del sistema nervoso autonomo.
Essere soggetto a stress influenza anche HRV, l‘indice della variazione dei battiti cardiaci in un intervallo di tempo, che viene anche utilizzato come un’indicatore dell’attività simpatica: un basso indice HRV è associato ad un’eccessiva attività simpatica e ad un basso tono vagale. L’attività eccessiva del sistema simpatico può portare all’aumento delle molecole coinvolte nello stato infiammatorio, aumentando il rischio di incorrere in altre patologie.
Stress e asse HPA
Quando siamo sotto stress, senza che ce ne accorgiamo, l’asse HPA e il Sistema Nervoso Autonomo si accendono e metto in atto risposte a breve e a lungo termine. Per cui, secondo la PNEI, ci saranno modifiche nelle funzioni cardiovascolari, nei segnali endocrini e metabolici e nella risposta immunitaria per sconfiggere la causa che crea lo stimolo stressorio.
L’asse HPA porterà ad aumentare la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, da parte della ghiandola surrenale. È importante notare che la presenza persistente di cortisolo correla positivamente con un aumentato rischio di incidenza di malattia ischemica cardiaca e di mortalità dovuta a malattie cardiache. Inoltre la rilevazione di cortisolo nel siero è stato anche riconosciuto come marker per la formazione della placca aterosclerotica in quegli individui afflitti da uno stato persistente di stress psicologico, che invece mostrano anche bassi livelli di IL-10, conosciuta come molecola che combatte la formazione della placca.
Non è da sottovalutare il ruolo dello stress legato al lavoro, che può causare il fenomeno conosciuto come burnout. I lavoratori con questo disturbo mostrano una disregolazione del sistema vagale, con riduzione dell’attività del sistema parasimpatico e aumento dell’attività del simpatico, ipo-reattività dell’asse HPA.
Lo stress non causa solamente uno squilibrio funzionale nel sistema nervoso autonomo ma anche uno stato infiammatorio mediato dai macrofagi cardiaci che porta alla morte dei cardiomiociti e alla perdita di funzionalità cardiaca. Nel 2000, si è iniziato a parlare di “riflesso infiammatorio” legato all’attività del nervo vago nel contrastare l’iperattivazione del sistema nervoso simpatico. L’azione del nervo vago, in questo caso particolare, è di favorire il rilascio dell’Acetilcolina (ACh) nel cuore, dove va a legarsi al suo recettore nicotinico espresso sulla superficie dei macrofagi cardiaci, andando a bloccare il rilascio delle principali citochine pro-infiammatorie come il TNF-α. Tecniche di medicina mente-corpo come lo yoga, esercizi di rilassamento, meditazione e biofeedback hanno un’azione di stimolazione del nervo vago non invasiva che possono favorire il risolversi gli effetti che lo stress ha sul cuore.
Infine, sono stati condotti studi osservazionali, confermati in seguito da analisi biomolecolari, per verificare l’esistenza di una correlazione fra un’alterata funzionalità dell’asse HPA e la formazione delle placca aterosclerotica, alta pressione sanguigna, insulina resistenza e dislipidemia, rafforzando la visione basata sulla PNEI sull’esistenza di un asse tra cuore e sistema nervoso.
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