Le onde elettromagnetiche -EM- sono oggi massicciamente presenti negli ambienti in cui viviamo dal momento che costituiscono il veicolo di informazione più utilizzato dal radiotelevisivo fino alla telefonia mobile. Tra l’opinione pubblica però emerge sempre di più una confusione in merito alle differenti tipologie di onde prodotte dai campi elettromagnetici. A tale proposito risulta necessario cercare di fare un po’ di chiarezza.
Come spiegato nel volume Electromagnetic Fields, pubblicato dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS nel 1999 Local authorities, health and environment pamphlet series, i campi elettrici sono creati da differenze di potenziale elettrico, o tensioni: più alta è la tensione, più intenso è il campo elettrico risultante. I campi magnetici invece si creano quando circola una corrente elettrica: più alta è la corrente, più intenso è il campo magnetico.
Accanto alle sorgenti naturali, sono presenti sul nostro pianeta numerosi sorgenti artificiali: i raggi X, ad esempio, sono utilizzati per diagnosticare la frattura di una caviglia in seguito ad un incidente sportivo. L’elettricità fornita da una qualunque presa di corrente è associata ai campi elettromagnetici a bassa frequenza. Infine, diversi tipi di radioonde ad alta frequenza sono usati per trasmettere informazioni, attraverso antenne televisive, impianti radiofonici o stazioni radio base per telefonia mobile.
Ma quindi cosa rende così diverse le varie forme di campi elettromagnetici?
La risposta a questa domanda è intrinseca nelle caratteristiche principali di un campo elettromagnetico (CEM). Nel dettaglio, l’attività delle onde elettromagnetiche dipende sia dalla frequenza che dalla corrispondente lunghezza d’onda. La frequenza descrive semplicemente il numero di oscillazioni, o cicli, al secondo, mentre la lunghezza d’onda rappresenta la distanza tra un’onda e la successiva.
Lunghezza d’onda e frequenza sono quindi interconnesse: più alta è la frequenza, più breve è la lunghezza d’onda e viceversa. Sulla base di quanto detto fino ad ora possiamo affermare che i campi elettromagnetici, in base a queste due componenti, interagiscono col corpo umano in modo diverso. Nel dettaglio, la differenza risiede nella capacità di queste di trasportare quanti di energia. I quanti di frequenza più elevata (e, quindi, di lunghezza d’onda minore) trasportano più energia di quelli di frequenza più bassa (e lunghezza d’onda maggiore). Alcune onde elettromagnetiche trasportano un’energia tale da essere in grado di rompere i legami tra molecole come i raggi gamma emessi dai materiali radioattivi, o i raggi cosmici ed i raggi X.
Le onde elettromagnetiche pulsate (PEMF) invece, in base alla loro frequenza e alla loro lunghezza d’onda risultano in grado di trasferire grandi quantità di energia ai tessuti in sicurezza, permettendo al corpo di comportarsi come un condensatore elettrico. Gli atomi dell’aria (es. ossigeno, idrogeno, azoto) passano ad uno stato di forte eccitazione, per poi emettere quanti di energia tarati sulle frequenze dell’aria stessa.
Campi elettromagnetici a bassa frequenza agiscono sul corpo umano, esattamente come agiscono su qualunque altro mezzo composto di particelle cariche. Quando i campi elettromagnetici agiscono su materiali conduttori, influenzano la distribuzione delle cariche elettriche sulla loro superficie e provocano un flusso di corrente attraverso il corpo, verso la terra. L’intensità di queste correnti dipende dall’intensità del campo magnetico esterno. Se sufficientemente elevate, queste correnti possono provocare la stimolazione di nervi e muscoli o influenzare altri processi biologici. Sia i campi elettrici sia quelli magnetici inducono differenze di potenziale e correnti nel corpo ma, anche nel caso in cui si sia immediatamente al di sotto di una linea ad alta tensione, le correnti indotte sono piccolissime in confronto alle soglie necessarie per provocare scosse ed altri effetti elettrici.
Differente è invece l’azione delle onde elettromagnetiche rilasciate da sorgenti artificiali come elettrodomestici, apparati industriali, telecomunicazioni ed emittenza radiotelevisiva. In questo caso, l’intensità prodotta dai campi magnetici e la lunga e costante esposizione, possono comportare effetti dannosi per l’organismo. Esperimenti condotti su volontari sani indicano che esposizioni di breve durata, ai livelli di campo presenti nell’ambiente, non provocano alcun effetto nocivo evidente. Esposizioni a livelli più elevati e per un tempo prolungato potrebbero essere pericolose perché in grado di innescare risposte biologiche e influenzare lo stato di salute delle persone.
Fonte: World Health Organizzation
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