Coscienza è il termine che designa l’uomo nella sua identità personale. In tal senso coincide con quello che nel linguaggio comune si indica come persona o soggetto, nella sua totalità e unicità singolare. Ma nel momento in cui si approfondisce l’argomento è possibile costatare la coscienza che è ben difficile da definire o individuare. Tradizioni culturali e religiose ritengono tutt’oggi che essa risieda in un’anima separata dal corpo, mentre per gli scienziati e per molti filosofi contemporanei la coscienza è ormai considerata qualcosa di inseparabile dalle funzioni neurali del cervello.
Nel tempo un contributo per la sua definizione è arrivato dalla Scienza. Infatti, la coscienza dal punto di vista neurologico è caratterizzata da due componenti, la vigilanza (coscienza di base o primaria) e la consapevolezza (coscienza differenziata o di ordine superiore): la prima è caratterizzata da uno stato di veglia, con la capacità di recepire stimoli sensoriali, la seconda consiste invece nella consapevolezza di ciò che accade nel mondo che ci circonda e, nella condizione più evoluta, del proprio essere che porta avanti e controlla i processi del pensiero.
Il livello massimo di coscienza è rappresentato, infatti, dalla “coscienza di sé” che implica la gestione complessa di sé stessi nell’ambiente sociale con elaborazioni articolate di pensiero e di strategie d’azione. Si può immaginare, quindi, la coscienza come qualcosa di più che la semplice consapevolezza dei nostri stati interni.
Quello che è possibile costatare che sono diversi i processi psico-fisiologici essenziali per l’organizzazione della coscienza: la percezione è la pietra miliare, ma anche l’attenzione, la memoria, l’ideazione, la critica, il giudizio, la volontà, le emozioni, i sentimenti, il pensiero, sono aspetti essenziali della coscienza, necessari perché essa possa integrare le esperienze che il soggetto ha con il mondo sensoriale, e attribuire un senso alla sua esperienza vissuta. Secondo i neurofisiologi lo stato di coscienza ha una base anatomica in diverse strutture del sistema nervoso centrale e periferico (come quelle mesencefaliche e il sistema reticolare), che devono essere collegate e funzionare normalmente per permettere uno stato di coscienza normale.
Ad oggi è ancora molto difficile definire il concetto di coscienza anche se dopo gli studi condotti all’inizio degli anni Novanta, dove sono stati delineati i singoli processi in cui si articola la vita cognitiva di un essere umano, è stato più semplice distinguere le diverse componenti. Quello che rimane ancora oggi sconosciuto è la natura della coscienza, ossia spiegare il rapporto tra i processi neurobiologici cognitivi e l’esperienza vissuta in prima persona. Le domande sull’origine e sulla definizione della coscienza sono fonte di ampi dibattiti, come quello che ha luogo ogni due anni all’Università di Tucson in Arizona, durante il convegno mondiale “Toward a Scientific Basis for Consciousness” dove, oltre alle molte ipotesi formulate, emergono anche importanti questioni etiche: è possibile affermare che alcuni animali sono coscienti? A partire da quale momento dello sviluppo fetale esiste la coscienza? E’ possibile creare macchine dotate di intelligenza artificiale?
In conclusione, è possibile affermare che l’acceso dibattito circa quello che oggi gli scienziati chiamano l’enigma irrisolto è ancora totalmente aperto. Sicuramente in questi anni è stato possibile individuare la tematica principale che divide gli scienziati: la coscienza è un semplice sottoprodotto dei processi di elaborazione dell’informazione, o se invece derivi da caratteristiche specifiche del cervello?
Forse ad oggi è possibile concludere che non esiste una teoria sbagliata ed è possibile che la conoscenza possa essere considerata sia come un prodotto dell’evoluzione, ma anche come una proprietà dell’Universo che preesiste alla coscienza umana.
Fonte:
Daniel Dennett “Sweet Dreams. Illusioni filosofiche sulla coscienza”, Raffaello Cortina Editore, 2006