Pur non essendoci ancora una definizione universalmente accettata con il termine burnout si indica una “sindrome complessa, a componente prevalentemente psichica, che si instaura come risposta a una condizione di stress lavorativo prolungato”. Tale termine si diffuse a metà degli anni 70 in USA, in riferimento ad una situazione osservata con frequenza negli operatori dei servizi sociali: atteggiamento di nervosismo e irrequietezza, apatia, indifferenza, cinismo verso il proprio lavoro.
Il burnout rappresenta dal punto di vista psicologico, un particolare tipo di risposta a una situazione di lavoro sentito come intollerabile; il processo inizia quando l’operatore (si tratta prevalentemente di figure impegnate in professioni di aiuto, ossia infermieri, medici, psicologi, assistenti sociali, ma anche poliziotti, insegnanti) sperimenta una sensazione di stress o esaurimento e ritiene che essa non possa esser alleviata attraverso una soluzione attiva dei problemi che deve fronteggiare. Questa situazione porta a vari cambiamenti di atteggiamento: fuga psicologica (evitamento) nella speranza illusoria che non si aggiungerà ulteriore sofferenza alle tensioni e disagi che si stanno vivendo.
Alcuni hanno sottolineato che non si tratta di un fenomeno circoscritto solo alle professioni di aiuto, bensì può verificarsi in qualsiasi tipo di contesto organizzativo. Il burnout è un processo che si auto rinforza sia quando il ciclo inizia è difficile interromperlo. In base alle cause, che possono contribuire all’insorgere della sindrome, è stato possibile la classificazione nelle seguenti tre categorie:
– Eccesso di aspettative precedente all’entrata nel mondo del lavoro;
– Mansione lavorativa frustrante rispetto alle aspettative;
– Disorganizzazione lavorativa. Edelwich e Brodsky hanno messo a punto quattro stati progressivi che caratterizzano l’evolversi della sindrome del burnout:
1. Stadio dell’entusiasmo: gli operatori sono motivati dal proprio lavoro e ne percepiscono di esso soprattutto i lati positivi.
2. Stadio della stagnazione: inizia a sentirsi il peso dell’impegno lavorativo, vi è un calo dell’entusiasmo con conseguenti sentimenti di noia e preoccupazione. Il proprio lavoro viene percepito come banale, non più entusiasmante.
3. Stadio della frustrazione: sorge la rabbia per l’eccessiva discrepanza tra le aspettative del lavoratore e la realtà. Vi è una percezione di inutilità e di impotenza.
4. Stadio dell’apatia: disimpegno emotivo – affettivo verso la propria situazione lavorativa. Il desiderio di aiutare l’altro scompare. Si diventa apatici. Tutto ciò porta il lavoratore a comportarsi in maniera meccanica, senza il giusto entusiasmo, con i compiti visti come un obbligo e portati avanti per necessità.
A seguito dell’analisi effettuata su una statistica elevata di soggetti ci si è posti la domanda principale: “ quale può essere la causa? “. Le diverse ricerche che hanno investigato le cause che conducono un soggetto verso la sindrome di burnout hanno messo in luce numerose variabili raggruppabili nei tre insiemi di seguito esposti:
– Variabili organizzative: ossia ambienti di lavoro sfavorevoli (poco confortevoli), orari inadeguati, retribuzione non soddisfacente, prospettive di lavoro limitate, rapporti poco costruttivi con i colleghi, prestazioni lavorative troppo routinarie.
– Variabili socioculturali: ossia tutti i fattori relativi all’organizzazione sociale collettiva, alla storia politica e culturale, all’ evoluzione dei costumi che risultano essere dannose per i lavoratori. Soprattutto negli ultimi anni si è assistito ad una riduzione delle spese per sanità, assistenza e educazione. Senza dimenticare che, conseguentemente a ciò, molti utenti hanno scarsa fiducia in tali servizi, e ciò pesa gravemente sull’autostima dei lavoratori coinvolti.
– Variabili individuali: anche fattori quali età, sesso, titolo di studio, motivazione lavorativa, soddisfazione extra lavorativa hanno rilievo sul possibile rischio burnout. Inoltre, problemi emotivi non risolti, seppur non legati all’ ambito lavorativo, possono interagire con esso in modo non costruttivo.
In conclusione è possibile confermare che le variabili possono essere molteplici quindi risulta necessario concentrarsi sulle cause più probabili e più ricorrenti per cercare di agire direttamente sulla psicologia e sull’ autostima del soggetto.
Ma in che modo riuscirci?
Ad oggi sono diversi i metodi a supporto di tali problematiche, quella che ha riscontrato un maggiore successo a livello terapeutico nei pazienti è la Biorisonanza endogena. Questa tecnica eseguita mediante dispositivi come l’Inergetix Core system, è una tecnica innovativa che sfrutta l’energia e le stesse frequenze del paziente per correggere gli squilibri energetici dell’ organismo.
Il dispositivo Inergetix Core system è in grado di regolare il processo di comunicazione cellulare nello scambio di informazioni sottoforma di segnale elettromagnetico determinando un cambiamento dello stato del paziente e apportando segnali correttivi è possibile portare il soggetto ad uno stato di guarigione.
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