Il sistema nervoso può essere definito come il fulcro centrale di controllo di tutte le funzioni del nostro organismo. L’alterazione anche solo di una piccola funzione o un disequilibrio di gradiente di concentrazione possono determinare l’insorgenza di patologie neurodegenerative che, per la maggior parte delle volte, hanno un decorso lungo e asintomatico.
Una delle patologie neurodegenerative maggiormente debilitanti è la malattia di Parkinson (MdP), che agisce direttamente sul sistema nervoso centrale, colpendo in Italia circa 230.000 persone con età media di insorgenza intorno ai 60 anni. Da un’analisi della letteratura esistente su questa patologia, emerge che questa si manifesta con svariati sintomi che possono essere motori o non motori e che possono portare a varie problematiche che si riflettono sulla vita quotidiana. I segni motori cardinali sono: tremore a riposo distale, rigidità, bradicinesia disturbo dell’ equilibrio, difficoltà di linguaggio problemi di deglutizione (disfagia) e molti altri.
Ad oggi l’eziopatogenesi della malattia di Parkinson è sconosciuta, ma è probabilmente il risultato della somma di più fattori di rischio, genetici e ambientali. Studi epidemiologici hanno infatti dimostrato che l’esposizione a fattori quali pesticidi e metalli pesanti aumenta il rischio di sviluppare la malattia. Allo stesso tempo, l’eziopatogenesi non è l’unico elemento sconosciuto della patologia infatti anche la strategia terapeutica, che possa determinare la scomparsa dei sintomi e la completa guarigione non è ancora stata individuata. Nel particolare infatti, la terapia farmacologica è solo parzialmente efficace nel trattamento dei sintomi ed è per questo motivo che la comunità scientifica sta focalizzando il proprio interesse nell’individuare una strategia terapeutica di supporto al solo trattamento farmacologico.
Dalle ultime ricerche è emerso che il trattamento riabilitativo è un valido supporto proprio perché risulta in grado di ottimizzare l’indipendenza funzionale, e di conseguenza migliorare la qualità della vita delle persone affette dalla Morbo di Parkinson.
Nel dettaglio dallo studio, pubblicato sulla rivista PLoS One, è emerso che il campo elettromagnetico pulsato ha effetti neuroprotettivi che possono alleviare i sintomi principali della patologia. Lo studio ha infatti analizzato gli effetti del trattamento del campo elettromagnetico pulsato rilasciato per otto settimane in individui affetti dalla patologia. Durante lo studio sono state analizzate sia la velocità funzionale dello sviluppo della forza e sia la velocità di movimento in un gruppo di studio composto da novantasette persone con malattia di Parkinson, che sono state randomizzate al campo elettromagnetico pulsato transcranico attivo (impulsi quadrati bipolari da 3 ms, 50 Hz) o al trattamento con placebo. Il trattamento è stato effettuato a domicilio con una durata di 30 min / giorno per 8 settimane.
Dallo studio emerge che il trattamento con campi elettromagnetici pulsati transcranici è stato superiore al placebo per quanto riguarda la velocità di sviluppo della forza durante l’aumento della sedia tra gli alti performanti. Il trattamento attivo tende ad aumentare il tasso di sviluppo della forza funzionale mentre il placebo no.
E’ per questo motivo che dispositivi come il Papimi per la terapia Enerpulse, capace di generare campi elettromagnetici pulsati di brevissima durata e allo stesso tempo sicuri e in grado di attraversare il tessuto biologico fino a 20 cm di profondità, favoriscono la rigenerazione grazie ad una azione diretta sulla fisiologia cellulare.
Possiamo concludere quindi che persone con malattia di Parkinson lievemente colpite e trattate con dispositivo come il Papimi- Enerpulse, possono avere un maggiore potenziale di riabilitazione neurale rispetto alle persone colpite più gravemente e che non sono trattate con campi elettromagnetici pulsati. È da specificare che il riconoscimento tempestivo dei sintomi e della patologia e l’inizio precoce del trattamento è essenziale per l’ottenimento di risultati soddisfacenti.
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