Tutte le disfunzioni a carico del cuore e dei vasi sanguigni rientrano nella definizione generale di patologie cardiovascolari, come ad esempio cardiopatie congenite, infarti acuto del miocardio, aritmie, ipertensione arteriosa sistemica, ictus etc. Numerosi sono i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari alcuni più tradizionali come >l’età, il sesso, l’ipertensione arteriosa, il consumo di tabacco e lo stile di vita, l’ipertrofia ventricolare sx, il Diabete Mellito di tipo 2 >ed altri meno tradizionali ma più specifici come l’uremia, l’infiammazione, lo stress ossidativo, la disfunzione endoteliale, la tossicità uremica ecc. Secondo European Cardiovascular Disease Statistics, esse rappresentano la prima causa di morte in Europa (47% delle morti totali) con maggiore prevalenza nei soggetti di genere femminile, con basso livelo socio-economico. Nel 2005 sono stati stimati oltre 4.3 milioni di morti per questa causa e per il 40% si trattava di morti premature sotto i 75 anni di età.
Da questi dati, risulta chiara la necessità da parte di medici e ricercatori di indagare in maniera approfondita sulle nuove possibilità terapeutiche e preventive nel campo delle malattie cardiovascolari. In tal senso differenti autori, mediante prove in vitro e in vivo, hanno dimostrato l’esistenza di una certa reattività da parte di cellule endoteliali quando stimolate con un campo elettromagnetico pulsato (pulsing elettromangetic field PEMF). Nel dettaglio come ampiamente dimostrato dalle diverse ricerche scientifiche, il campo magnetico pulsato accelera la guarigione di ferite, accelera il consolidamento delle fratture, migliora il metabolismo ed il contenuto di calcio in donne con osteoporosi, ma allo stesso tempo sono sempre di più le evidenze scientifiche che indicano come gli effetti biologici di PEMF possano contribuire al miglioramento di fattori di rischio come il diabete mellito di tipo 2.
Il Diabete mellito di tipo 2 è una malattia cronica su base multifattoriale caratterizzata dalla combinazione di resistenza all’insulina periferica e alterata secrezione di insulina da parte delle cellule beta pancreatiche. L’impiego di PESF induce precocemente alcuni interessanti effetti sul microcircolo, sul dolore, sugli edemi e sulla guarigione di ferite difficili in malati con T2DM. Proprio per queste loro qualità le sorgenti fisiche, PEMF e PESF (campo elettrostatico pulsato), possono essere considerate metodi emergenti, ad un tempo complementari ed alternativi. Da anni per ridurre gli episodi trombotici ma non per prevenire la degenerazione sclerotica delle pareti vascolari si è somministrato acido acetil salicilico o più semplicemente aspirina. Alcuni ricercatori però ritengono che il 40% di T2DM sia parzialmente o totalmente resistente agli effetti protettivi dell’aspirina. Infatti diversi trials clinici, condotti su un ampio indice della popolazione, ha dimostrato che l’assunzione protratta di aspirina non conferisce maggiori benefici nel gruppo trattato rispetto a quello non trattato. Alcuni autori negano l’esistenza di resistenza all’aspirina e ritengono che la mancata protezione sia attribuibile ad aumentato turnover delle piastrine o ad attivazione Cox-1 indipendente. Allo stesso tempo però è possibile affermare che la ridotta efficacia dell’aspirina (o resistenza all’aspirina) è comunque un fenomeno ben documentato anche se i meccanismi patogenetici non sono ben conosciuti.
Dal momento che la disfunzione endoteliale, direttamente connessa alla presenza del Diabete mellito di tipo II, risulta legata ad una ridotta o assente disponibilità di ossido in pazienti con resistenza all’insulina si consiglia l’uso di farmaci in grado di stimolare l’ossido nitrico sintasi endoteliale (eNOS) per migliorare il quadro clinico. La comunità scientifica, alla ricerca di una tecnica alternativa per aumentare la disponibilità di NO per ridurre la vasocostrizione e normalizzare l’aggregazione piastrinica, ha condotto uno studio specifico sottoponendo un gruppo di soggetti affetti da Diabete mellito di tipo 2 ad un ciclo di PEMF vista la provata sensibilità delle cellule endoteliali allo stimolo di agenti fisici. Nello specifico è stato utilizzato uno stimolo elettromagnetico (PEM) ed elettrostatico (PESF) sottoponendo un gruppo di malati renali cronici in emodialisi, senza e con T2DM, senza e con ulcere difficili agli arti inferiori, ad un ciclo PEMF e PESF. Contemporaneamente è stato condotto un altro studio per confrontare i risultati ottenuti su un gruppo di diabetici prima e dopo assunzione di aspirina. A seguito di entrambi gli studi si è riusciti a costatare che l’aspirina non sembra capace di ridurre l’aggregazione piastrinica quando è in combinazione con agente aggregante a bassa concentrazione mentre con agente aggregante ad alta concentrazione gli effetti dell’aspirina sono più evidenti.
Lo studio dimostra quindi che gli arti inferiori, in malati nefropatici con T2DM in terapia sostitutiva, hanno un apporto di %SpO2 ridotto e che le sorgenti fisiche sono in grado di migliore tale deficit. Nella pratica clinica, l’impiego di sostanze antiossidanti è ampiamente raccomandato nel caso di malati renali, ma simili approcci non hanno prodotto risultati clinici risolutivi. La tecnica PEMF è una tecnica semplice, non invasiva, non pericolosa, in grado di produrre in tempi brevi risultati positivi documentabili non solo con test di laboratorio ma rilevanti anche da un punto di vista clinico e funzionale. L’aumento di ossido nitrico dimostra non solo che lo stimolo elettromagnetico è in grado di migliorare la disfunzione endoteliale ma che la disfunzione endoteliale risulta reversibile dopo stimolo con sorgenti fisiche.
Fonte: Pubmed