Medicina Ambientale
Molte delle patologie esistenti possono essere influenzate, positivamente o negativamente, dall’ambiente. Il livello di inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo è fondamentale, soprattutto se si considera il ‘dettaglio’ che l’essere umano è profondamente legato al proprio habitat, e ne subisce gli effetti.
Medicina Ambientale – Campi elettromagnetici e loro interazione sul corpo umano
Ogni anno in Italia e nel Mondo, le condizioni ambientali peggiorano a causa dello scarico indiscriminato di sostanze tossiche e inquinanti nell’aria.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha di recente stimato che i decessi a causa dell’inquinamento ambientale sono circa due milioni all’anno. In particolare il fenomeno, com’è intuibile, interessa soprattutto le aree urbane, dove il livello di guardia delle particelle sottili viene regolarmente superato. In Italia, ad esempio, la concentrazione media riscontrata è di 37 μg/m3, al di sopra della soglia consigliata, che è stabilita sempre dall’OMS a 20 μg/m3.
Inoltre è del 17 Ottobre 2013 la pubblicazione dell’OMS(2), in uno studio in collaborazione con l’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) che dichiara l’inquinamento dell’aria come cancerogeno per l’uomo classificandolo nel gruppo 1 e ciò significa che esistono forti evidenze a sostegno di questa dichiarazione. I principali responsabili di gravi patologie oggetto delle medicina ambientale e dei decessi registrati nel precedente studio sono:
Inquinanti di Tipo Chimico:
- Metalli pesanti: rientrano nella categoria, tutti i metalli con una densità superiore a 5g/cm3, in particolare Mercurio, Alluminio, Piombo, Cadmio, Arsenico. Le molecole di questi metalli sono altamente tossiche per tutte le specie viventi perché si legano alle strutture cellulari e vi restano depositati ostacolando lo svolgimento di determinate funzioni vitali e provocando gravi patologie come cancro, demenza, danni respiratori, danni al cervello, danneggiamento del Dna.
- Distruttori endocrini: sono sostanze chimiche sintetiche utilizzate nel mondo dell’agricoltura e dell’industria, capaci d’interferire con importanti processi biologici che sono alla base dello sviluppo e della riproduzione, e rappresentano quindi un importante rischio per la salute nell’uomo. I più conosciuti sono le Diossine originate dai cicli di produzione industriale per esempio del PVC, nella combustione di alcuni carburanti e negli inceneritori, i pesticidi come il DDT e gli ftalati usati per ammorbidire le plastiche e nelle vernici per scrivere sulle plastiche. I danni provocati da queste sostanze riguardano tutto il sistema endocrino e si manifestano con cancro, anomalie dell’apparato riproduttivo, aumento di aborti, ridotta funzionalità della tiroide.
Inquinanti di Tipo Biologico:
- Muffe: sono funghi pluricellulari che negli ambienti caldo-umidi si moltiplicano disponendosi in filamenti e creando delle patine sulle superfici di ambienti e di alimenti su cui attecchiscono, e che si riproducono attraverso le spore. Sono dannose per l’uomo in quanto possono scatenare allergie, provocando asma e patologie respiratorie; possono essere tossiche e interessare molti organi vitali, dall’apparato gastrointestinale a quello respiratorio, dal sistema nervoso centrale a patologie che colpiscono cute, occhio e mucose; infine possono essere infettive anche se solitamente verso pazienti dalle ridotte difese immunitarie.
Se a questo tipo d’inquinamento, se ne aggiungesse uno “invisibile”, al quale spesso non viene data la giusta importanza proprio perché sconosciuto alla maggior parte della popolazione, i dati registrati dall’OMS sarebbero delle sottostime del reale impatto socio-sanitario. Stiamo parlando dell’Elettrosmog ovvero l’Inquinamento Ambientale dovuto ai Campi Elettromagnetici.
Campi Elettromagnetici ed effetti
Il campo elettromagnetico è generato dalla combinazione del campo elettrico e del campo magnetico e si propaga nell’ambiente per mezzo di onde elettromagnetiche aventi una determinata frequenza. L’energia associata all’onda è direttamente proporzionale alla frequenza della stessa e quindi per basse frequenze (fino al visibile) avremo basse energie (radiazioni non ionizzanti) mentre per altissime frequenze (dall’ultravioletto) avremo energie molto elevate (radiazioni ionizzanti).
I campi elettromagnetici con i quali entriamo in contatto giornalmente sono quelli generati da antenne radio, elettrodotti, telefonia cellulare e wireless che hanno frequenze in un range compreso tra 0 Hz e 3 GHz.
Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che questo tipo di onda elettromagnetica interagisce con l’organismo umano producendo sia effetti positivi che effetti negativi dipendenti dalle caratteristiche dell’onda (frequenza, intensità, tipo di sorgente, orientamento del campo) e dalla durata dell’esposizione.
In particolare si possono verificare due tipologie di effetti:
- TERMICI: Il principale effetto che i campi riescono a produrre sulle molecole è quello di farle oscillare producendo attrito e di conseguenza calore. Poiché il principale “scambiatore” di calore presente nel corpo umano è costituito dal sangue, si può pensare che gli organismi meno vascolarizzati costituiscano organi critici per quanto riguarda l’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche, in quanto, se riscaldati dall’esterno non hanno più modo di ridistribuire il calore ricevuto tramite un’idonea circolazione sanguigna.
Da questo punto di vista gli organi critici per eccellenza sono il cristallino e le gonadi maschili. Gli effetti termici si verificano generalmente per esposizioni brevi ma intense.
- ATERMICI: Le radiazioni elettromagnetiche determinano nell’uomo degli effetti biologici non spiegabili con il solo riscaldamento dei tessuti. Si tratta di esposizioni di lunga durata, ma di bassa intensità.. La ricerca scientifica non ha ancora fatto piena luce sulle conseguenze reali che tali effetti atermici possano avere per la salute umana. In alcuni casi si dispone soltanto di dati sperimentali (ottenuti cioè con prove in vitro o su cavie animali). In altri, i risultati ottenuti appaiono contraddittori. In sostanza gli effetti che emergono sono alterazioni più o meno consistenti della funzione cellulare, alterazione dell’attività enzimatica, modifica della concentrazione di calcio e alterazioni delle proteine di membrana.
In base alla frequenza dell’onda, le cose cambiano sensibilmente:
→ Frequenza estremamente bassa (ELF) – fino a 100 kHz: Caratterizza le onde prodotte dagli elettrodotti. L’effetto biologico principale dei campi a bassa frequenza è di produrre all’interno del nostro organismo delle correnti elettriche indotte, che si sovrappongono a quelle naturali e possono generare sovra-eccitazioni del Sistema Nervoso Centrale. Inoltre uno studio condotto dall’AIRC (Associazione Internazionale per la Ricerca sul Cancro) nel 2002(3) rivela come esista una correlazione tra le ELF e alcuni tipi di leucemia nei bambini.
→ Radio frequenze (RF) – fino a 300 GHz: Caratterizzano i Campi EM emessi da ripetitori radio-televisivi, sistemi di radionavigazione e applicazioni industriali per il trattamento dei materiali, dispositivi wireless (compresi telefoni cellulari). I campi a RF penetrano nei tessuti esposti e provocano soprattutto riscaldamento, a seguito dell’assorbimento di energia, inducendo il movimento di ioni e molecole d’acqua nel mezzo in cui questi si trovano. La profondità di penetrazione dei campi RF nel tessuto dipende dalla frequenza del campo ed è maggiore alle frequenze più basse. Anche bassi livelli di energia RF producono una piccola quantità di calore, ma questo è smaltito dai normali processi di termoregolazione del corpo senza che la persona interessata se ne renda conto. La maggior parte degli effetti nocivi che possono verificarsi a seguito di esposizioni a campi RF tra 1 MHz e 10 GHz, possono essere spiegati come risposta ad un riscaldamento indotto, che a sua volta dà luogo ad un aumento della temperatura dei tessuti o del corpo superiore ad 1°C. Uno studio condotto nel 2011 dall’ AIRC insieme all’OMS identifica i campi RF nel gruppo 2B, ovvero “possibili cancerogeni per gli uomini” evidenziando un aumento di rischio di glioma nei pazienti esposti a tali radiazioni.
L’esposizione ai campi EM comporta una sollecitazione tale per l’organismo da indurlo a produrre proteine da stress (HSP). Le proteine da stress assistono le proteine di nuova sintesi nel raggiungere la giusta conformazione e promuovono la degradazione di quelle danneggiate. Esse forniscono un certo grado di protezione alla cellula a patto che l’agente che ha indotto lo stress venga eliminato dopo un breve periodo. Tuttavia, se la cellula è sottoposta ad un insulto, insufficiente ad ucciderla subito, ma dal quale le HSP non possono proteggerla, allora viene attivato il programma di apoptosi (morte cellulare geneticamente programmata), ed essa muore in modo controllato.
Il DNA è considerevolmente vulnerabile al danneggiamento da parte dei campi EM a causa della sua particolare configurazione a doppio filamento che, conseguentemente alla stimolazione da parte delle radiazioni EM, tende a separarsi. La configurazione del DNA assimilabile ad un’antenna frattale, lo rende particolarmente sensibile ad un ampio range di frequenze. La struttura frattale è una caratteristica desiderabile per un’antenna perché consente di minimizzare la dimensione mantenendo le stesse prestazioni, ma non rappresenta un vantaggio per il DNA perché comporta la sua interazione con l’infinita quantità di frequenze presente nell’ambiente. L’azione dei campi EM con il DNA inoltre, causa errori nella sintesi delle cellule, molti dei quali si risolvono da soli, altri invece no. Tali errori sono ritenuti essere responsabili dello sviluppo di tumori. In particolare, il susseguirsi di questi errori causa delle mutazioni che rendono inattivo il gene soppressore del tumore o il gene riparatore del DNA facilitando la produzione di un oncogene che accelera lo sviluppo del cancro. Le attuali norme legislative pongono dei valori di soglia all’esposizione ai campi EM, basandosi sulla sola pericolosità termica delle onde. In realtà, il danneggiamento dell’organismo avviene soprattutto a causa degli effetti atermici che i campi EM producono, i quali si sviluppano ad esposizioni molto inferiori rispetto a quelle segnalate dai limiti di legge.
Pertanto è necessario adattare gli attuali standard di sicurezza, evitando il verificarsi degli effetti atermici, come la produzione delle proteine da stress.
Esistono diversi studi che evidenziano come i soggetti più vulnerabili ai campi elettromagnetici siano i bambini, nonché i feti e i neonati (4)(5)(6)(7)(8)(9)(10)(11)(12).
- Bambini: Il Presidential Cancer Panel (2010) ha stabilito che, a causa della ridotta massa fisica e della minore densità ossea dei bambini in confronto a quella di un adulto, assorbono una maggiore quantità di energia a RF in profondità rispetto a quella assorbita da un adulto. E’ essenziale quindi stabilire degli standard di sicurezza per garantire e tutelare la salute dei più piccoli.
- Feti e neonati: L’esposizione di feti e neonati a radiazioni provenienti da cellulari e tecnologie wi-fi, può comportare un fattore di rischio per iperattività, disturbi nell’apprendimento e problemi comportamentali a scuola. Uno studio del 2008(13) ha mostrato come l’utilizzo di cellulari da parte di donne durante la gravidanza ha comportato nei bambini nati problemi di comportamento a partire dall’età scolastica, rispetto ai nati da madri che non utilizzavano il cellulare. I primi hanno sviluppato il 25% in più di problemi emotivi, un’iperattività maggiore del 35%, problemi di condotta maggiori del 49% e problemi coi coetanei incrementati del 34%.
Ulteriori indagini sottolineano come l’esposizione ai campi elettromagnetici possa comportare importanti problematiche negli adulti :
- Infertilità maschile: Sono stati evidenziati effetti negativi sulla qualità e motilità dello sperma negli uomini che utilizzano cellulari ed in particolare che indossano cellulari nelle tasche dei pantaloni anteriori(14)(15)(16)(17)(18)(19)(20). Le radiazioni emesse dai dispositivi infatti, danneggiano lo sperma già ad intensità molto basse, nel range compreso tra μW/cm2 e nW/cm2
- Tumori al cervello: Si è riscontrato un incremento del rischio di glioma e neuroma acustico in associazione all’utilizzo di telefoni cellulari e cordless, grazie agli studi dei centri di ricerca del gruppo Hardell in Svezia e dell’Interphone Study Group(21). Non è stato invece osservato un incremento del rischio di sviluppare un meningioma, probabilmente a causa della localizzazione anatomica della parte del cervello interessata all’esposizione continua
- Barriera Emato-Encefalica (BBB): L’incremento della permeabilità della BBB causato dai campi RF, potrebbe comportare danni neurologici(22). Una sola esposizione di due ore può causarne un’alterazione, 50 giorni dopo l’esposizione possono essere evidenziati danni neurologici e si riscontra una consistente diminuzione di albumina. Tali effetti si verificano per valori estremamente bassi come 0,001W/Kg ovvero mille volte più bassi dei limiti imposti dalle normative vigenti.
Se da un lato, come detto, sono stati riscontrati danneggiamenti a causa della prolungata esposizione dell’organismo ai campi EM, dall’altro si sono accumulate prove sull’efficacia dei campi ELF per la diagnosi ed il trattamento dei pazienti.
E’ molto interessante perciò spiegare come gli stessi campi che fanno ammalare il nostro organismo e a cui siamo continuamente esposti, possano anche curarlo.
In particolare possiamo considerare l’organismo umano come un emettitore di “biofotoni”, ovvero particelle luminose portatrici di informazioni sulle funzionalità del corpo indispensabili nella comunicazione tra le cellule e con l’ambiente esterno.
Un’esposizione ai campi EM induce la produzione “innaturale” dei biofotoni creando uno squilibrio nella normale omeostasi e causando un’alterazione tale da portare ad uno stato patologico oppure capace di correggere uno stato patologico e riportarlo alla normalità.
Conseguentemente, conoscendo la comunicazione intracorporea o cellulare è possibile fornire dall’esterno onde elettromagnetiche di contro-regolazione alle patologie al fine di comunicare all’organismo una cura o suggerirgli come identificare da solo una situazione patologica.
Questa procedura biologica è conosciuta con il termine di “biorisonanza”.
Tutti gli strumenti diagnostici e terapeutici che operano in questo settore sfruttano il meccanismo della biorisonanza per individuare le cellule malate. Pertanto i macchinari avranno circuiti oscillanti in grado di produrre onde che risuonano con le cellule del nostro organismo e avranno dei rivelatori capaci di leggere dove la risonanza rivela lo stato patologico.
Sono ormai numerosi gli studi(23)(24)(25)(26)(27)(28)(29)(30) presenti in letteratura che confermano l’efficacia della terapia che sfrutta onde elettromagnetiche PEMF per la soluzione di problematiche osteo-muscolo-articolari e nervose, legate sia all’età che a traumi sportivi o da impatto.
Bibliografia
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